lunedì 30 giugno 2014

Il lato oscuro del POS

Scatta oggi l'obbligo di munirsi di POS per commercianti, professionisti e artigiani, ed il contemporaneo (teorico) obbligo di offrire tale modalità di pagamento per tutte le transazioni sopra il 30 euro.

E c'è già tutto un belare di chi plaude a questa ennesima fesseria che - secondo la pateticamente illusoria volontà del legislatore - vorrebbe essere "antievasione"....

A parte il fatto che il patetico legislatore si è "casualmente dimenticato" di inserire nel decreto l'indicazione della sanzioni in cui dovrebbe incorrere che il POS non ce l'ha (Si, avete capito bene: avere il PSO è obbligatorio. E cosa succede se non ce l'hai? Nulla! (1)

Ma a parte queste kafkiane considerazioni, c'è un altro aspetto da considerare in questo nuovo obbligo, che sembra dar proprio ragione a chi vi vede solo l'ennesimo, ingiustificato, immeritato regalo alle banche.

Lasciamo stare i costi di noleggio dell'apparecchio (che viene appunto fornito dalla banca al cliente, di fatto, a titolo di noleggio). Molti in questi giorni insistono su questo aspetto, ma è un falso bersaglio.

O, meglio: i costi del noleggio sono un problema effettivo (sono i più alti d'Europa...), ma per il momento lasciamoli in secondo piano...

A parte i costi del noleggio, il problema più grosso è quello delle esorbitanti commissioni a cui le transazioni POS sono soggette.

A quanto ammontano queste commissioni? Dipende dal circuito (Bancomat o carta di credito), dipende dall'emittente della carta di credito (Visa, American Express, Mastercard), dipende dal settore merceologico, ed infine (ma in misura minore) dal "potere contrattuale" dell'esercente.

Però, nonostante questi distinguo, possiamo dare delle indicazioni approssimate ed attendibili:

fonte: linkiesta
Verifichiamo quindi che queste commissioni variano tra lo 0,6% per il Bancomat fino al 5,5% per il pagamento con Mastercard attraverso alcuni circuiti.

Apparentemente, commissioni pesanti ma non gravosissime... diamine, un tot%, che sarà mai!

E invece queste commissioni sono pesantissime, ben superiori a quanto un'economia sana possa sopportare nel medio periodo.
Per rendercene conto, prendiamo a titolo di esempio una commissione del 2%.
Facciamo finta che il meccanismo sia diffuso, capillare, e che quindi quasi tutti i pagamenti effettuati da privati avvengano a mezzo carta di credito.

Il 27 del mese Andrea (che chiamiamo a rappresentare TUTTI i privati dipendenti) si prende il suo stipendio. Nel senso che se lo vede accreditato sul conto corrente, pronto per esser speso con la sua bella carta.
Andrea lo spende nei negozi, i negozi usano i soldi di Andrea per pagare servizi, fornitori e dipendenti, e parte dei soldi rimbalzano di fornitore in fornitore fino a tornare al datore di lavoro di Andrea, che li userà per pagargli lo stipendio... insomma, un circolo chiuso: le aziende pagano i lavoratori, i lavoratori pagano le aziende, le banche hanno la funzione di croupier in questo gioco.

Dei mille euro che Andrea incasserà come stipendi di maggio, il 2% in realtà serviranno a pagare commissioni per le carte di credito. 20 euro, quindi. Diamine, che vuoi che siano venti euro?!
Peccato che ciò avverrà OGNI MESE.
Quindi, ogni mese il 2% del denaro circolante verrà drenato dai circuiti delle carte d credito.
In un anno, il 24%.
In quattro anni, il 96%
Il quattro anni e due mesi, il 100%.
Quindi, se per ipotesi la carta di credito fosse l'unica forma di pagamento consentita, questo porterebbe come immediata conseguenza che in quattro/cinque anni tutto il denaro circolante diventerà di proprietà dei circuito delle carte ("le banche", in senso lato).

Vi sembra ancora così poco il 2%?
Siete ancora dell'idea che non si tratti di un regalo alle banche?


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(1) non è la prima volta che capita in Italia... la prima volta capitò in una delle tante riforme del codice della strada, ancora negli anni '70.
Fu stabilito l'obbligo per le autovetture di applicare posteriormente un contrassegno adesivo che ne indicasse il limite di velocità. Mezza Italia corse ad acquistare l'apposito contrassegno, L'altra metà invece si rese conto che non era stata stabilita nessuna sanzione per la mancata applicazione, e quindi non ottemperò.
Anni dopo la norma (peraltro inutile) fu abbandonata, dimostrando che i secondi avevano ragione ed i primi torto.
Questi adesivi si possono vedere ancora oggi su alcune rare macchine d'epoca...

venerdì 27 giugno 2014

URL personalizzati di Google+

In determinati casi, è possibile modificare gli URL delle pagine di Google+ per renderli più brevi e facili da ricordare.

Quindi, ad esempio, la pagina Google+ di AvusFaber invece di rispondere all’URL standard:
risponde anche all’URL personalizzato:
E’ possibile impostare l’URL personalizzato dalla pagina di gestione di Google+.

Non è possibile modificare l’URL personalizzato che viene preassegnato sulla base di determinati elementi, ma può esser necessario in alcuni casi modificarlo aggiungendoci alcune lettere e numeri.
Ad esempio, Google+ ha proposto automaticamente l’URL personalizzato google.com/+AvusfaberIt, ma ha richiesto che lo stesso venisse completato con ulteriori lettere o numeri (ed è stato fatto aggiungendoci appunto il suffisso -antichimestieri)

In quali casi è possibile ottenere un URL personalizzato?

Google+ consente URL personalizzati solo alle seguenti condizioni:


Per i singoli utenti:
  • che l’account Google+ sia in regola e verificato
  • che abbia 10 o più follower
  • che esista da almeno 30 giorni
  • che sia completo di foto del profilo


Per le pagine Google+ Local: devono corrispondere ad attività locali verificate

Per le pagine Google+ non Local: devono essere collegate ad un sito web